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Gli impegni presi da Donald Trump in campagna elettorale, parzialmente confermati nel suo video sui primi cento giorni di governo, hanno gettato nel panico le istituzioni comunitarie europee, che hanno capito di dover archiviare per molto tempo ogni ipotesi di accordo transatlantico di libero scambio con gli USA. E che probabilmente dovranno mettere mano al portafoglio per ripagare l’ombrello militare a stelle e strisce della NATO, incluse le armi di deterrenza nucleare.

Anche il Giappone è preoccupato per gli stessi motivi: maggiori costi per mantenere le truppe statunitensi presenti nel Paese fin dall’epilogo della Seconda guerra mondiale e fine annunciata del TPP, l’area di libero scambio del Pacifico con la quale Barack Obama riconosceva un ruolo importantissimo a Tokyo per mettere fuori gioco la Cina.

In pochi giorni, infatti, questi scenari sono radicalmente cambiati. Anche se l’annunciato muro al confine meridionale pare non rientrare  fra le priorità di Trump, la minaccia di imporre un dazio del 35% alle merci importate negli USA dal Messico potrebbe praticamente annichilire il Paese latinoamericano, che per il 70% del suo commercio estero dipende dall’export verso nord, nell’ambito dell’accordo Nafta che include anche il Canada.

Uno solo dei Paesi minacciati di ritorsioni anti-dumping e di barriere doganali non ha fiatato: anzi, è tornato a giocare a tutto campo, sperando che il “vuoto” americano finisca con l’offrirgli ulteriori opportunità. Si tratta della Cina che, per quanto Trump possa minacciare, detiene 1.270 miliardi di dollari in bond emessi dal Tesoro statunitense.

Ma è sul piano produttivo che i rapporti tra i due Stati difficilmente potranno cambiare di molto. Il 20% della produzione cinese finisce sul mercato statunitense, ma il 60% di queste merci è prodotto da aziende a stelle e strisce. Imprese che hanno delocalizzato, ma che continuano a pagare le tasse negli Stati Uniti. Questo grande sbilanciamento produce 350 miliardi di dollari annui di deficit commerciale, ma al tempo stesso favorisce in buona parte imprese americane. Insomma, siamo di fronte a un grande pasticcio e a una dipendenza reciproca tra potenze come non era mai esistita prima: l’esatto opposto di quanto succedeva durante la Guerra Fredda tra l’URSS e gli USA.

L’apparente serenità cinese davanti a un presidente statunitense ostile nasconde in realtà un grande lavorìo diplomatico che si è svelato a Lima durante i giorni della Conferenza dei Paesi APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation). Nella capitale peruviana, il presidente Xi Jinping ha dichiarato che l’obiettivo del suo Paese è assumere la direzione esclusiva nei negoziati per il libero scambio nell’area del Pacifico, colmando il vuoto che sicuramente sarà provocato dalla sospensione dell’accordo TPP.

Torna prepotentemente d’attualità una delle sigle meno conosciute a livello internazionale, il RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership), del quale fanno parte la Cina, l’India e una dozzina di altri Paesi che assommano il 48% della popolazione mondiale e il 30% del PIL planetario. Ora questo accordo di libero scambio fa gola agli stessi Paesi che avevano scommesso sul TPP e che si vedono costretti a correre ai ripari. Il primo a compiere il passo formale per aderire alla cordata cinese è il Perù: sarebbe il primo Stato americano a entrare in questo partenariato cui già aderiscono Australia e Nuova Zelanda.

Nel rompete le righe generale si segnala anche l’accordo raggiunto tra 6 Paesi centroamericani e la Corea del Sud.

Insomma, la globalizzazione e le interconnessioni dell’economia mondiale non si fermano perché un presidente, pur se a capo della prima potenza mondiale, decide di mettere i bastoni tra le ruote. Anzi, i primi danneggiati dal nuovo corso sarebbero le aziende del suo Paese (multinazionali che la globalizzazione dei mercati l’hanno voluta e gestita) e i consumatori statunitensi, che pagherebbero carissimi quei prodotti arrivati dall’estero che acquistano tutti i giorni. Ora Trump ha tutto il tempo per esibirsi in una di quelle capriole che i populisti ci regalano spesso, e di fare il contrario di quanto promesso. Ma è bastata la sensazione che il gatto volesse ritirarsi per dare il via alle danze dei topi.

 

Alfredo Somoza per Esteri, Radio Popolare

 

topi-ballano

Gli Achuar sono un’etnia che vive nel folto della grande foresta a cavallo tra Perù ed Ecuador, e per questo vittime designate ogni volta che si è riacceso il conflitto sui confini tra i due paesi andini, che ha già prodotto lungo il ‘900 due guerre, l’ultima nel 1995. I confini imposti dall’uomo bianco nel diciannovesimo secolo hanno diviso un popolo a metà e assegnato a ciascuna delle due parti una “nazionalità” diversa e contrapposta.

Le comunità Achuar ecuadoregne che vivono nella regione amazzonica dove si incontrano i fiumi Pastaza e Capahuari, vicino al confine con il Perù, stanno consolidando il controllo del loro territorio grazie al turismo, dimostrando in modo concreto che gli indigeni sono in grado di gestire l’immenso patrimonio naturale che in diversi paesi del Sud America come l’Ecuador, il Brasile e il Cile è stato loro riconosciuto dallo Stato. Il Kapawi Eco Lodge non è semplicemente uno dei tanti eco-aberghi nella foresta, è un progetto politico e uno strumento che genera risorse economiche per sostenere un processo di autodeterminazione. Tutta la filiera è di proprietà indigena, dall’agenzia a Quito, dove si vendono i pacchetti, all’aereo che porta i turisti nel cuore dell’Amazzonia, fino ovviamente all’albergo della foresta e alle guide locali.

Gli Achuar del Rio Pastaza dicono che quanta più gente verrà a conoscere l’Amazzonia in modo sostenibile, tanto più crescerà la coscienza ambientale e la conoscenza dei diritti delle etnie che vi vivono. Dicono anche di credere che la creazione di un santuario binazionale della natura possa porre fine alle ridicole dispute degli stati per confini tracciati sulla carta e unificare di nuovo un popolo diviso artificiosamente dalla storia. Il turismo, che spesso ha pesanti impatti culturali, economici ed ambientali e che alimenta in America Latina ogni sorta di squali locali e multinazionali, qui è invece parte di una strategia di resistenza e di sviluppo. Ogni tre mesi i gestori del sistema turistico si riuniscono con i consigli tribali della zona per decidere insieme quali opere finanziare con i profitti derivati dall’afflusso dei turisti. Parte dei ricavi serve per pagare gli studi dei ragazzi Achuar, che diventeranno guide, cuochi, manager turistici, ma anche medici, avvocati, ingegneri. Gli Achuar stanno dimostrando, nel cuore dell’Amazzonia, la validità dello slogan di Porto Alegre sull’”altra economia possibile” e ci ricordano quanto oggi le lotte di resistenza possono assumere forme inconsuete, sfruttando il mercato e mantenendo sempre saldi i valori dell’unità, dell’obiettivo condiviso, della partecipazione.

Alfredo Somoza

 

Nel 1987 venne scoperta, sotto una piramide, la tomba del Signore di Sipán, un nobile del popolo Mochica che era stato seppellito insieme a ricchissimi paramenti regali di oro e pietre preziose 1.700 anni fa. Viene considerato dagli studiosi il tesoro più favoloso del Perú pre-incaico. La civiltà mochica, oriunda del nord del Perú, è ancora poco conosciuta e grazie all’archeologia si è cominciato recentemente a interpretarla.

di Alfredo Somoza

I mochicas (o moches) vissero sulla costa settentrionale del Perú tra i secoli II e VIII d. C. Furono una delle grandi culture pre-incaiche sviluppatesi dopo la rivoluzione neolitica che in America portò alla nascita di grandi civiltà urbane sulle Ande e in Messico grazie alla diffusione del mais. Si stima che il Signore di Sipán, finora il più importante ritrovamento archeologico della zona, morì attorno al 300 d. C. e venne sepolto insieme alle sue due moglie, sacrificate per accompagnarlo nell’aldilà, e a diversi guardiani con i piedi amputati perchè non “abbandonassero” il loro sovrano. Attorno al suo corpo furono ritrovate centinaia di pezzi di ceramica e metalli preziosi che oggi sono esibiti nel Museo del sito, insieme alle mummie di Sipán e ai corpi di altri due uomini potenti: un sacerdote e il Vecchio Signore di Sipán.

Il Museo Tumbas Reales de Sipán (inaugurato nel 2002) di Lambeyeque, che raccoglie i materiali ritrovati dall’archeologo peruviano Walter Alva,  è stato costruito a forma di piramide tronca nel più puro stile degli antichi santuari mochica. Il museo racconta la storia di questo popolo del deserto attraverso la descrizione della scoperta del sito del Signore. Gli oggetti in oro sono appesi in aria, su sfondo nero e in penombra, ricreando in questo modo “l’effetto tomba” e il fascino che hanno provato gli archeologi li riportarono alla luce.  Al primo piano sono esibiti i pezzi forti della raccolta: la splendida corona d’oro a forma semilunare, i sandali d’argento del Signore e i pettorali di madreperla. Sempre al primo piano del Museo, la fantastica collana dell’antico Signore di Sipán formata da 10 ragni d’oro e le immagini dell’uomo.granchio e del pesce-gatto. Al Museo Tumbas Reales troviamo infine quanto scoperto nella Piramide dei Huaca Rajada, la tomba di un sacerdote rappresentato nell’iconografia mochica come un “uomo-uccello”, che occupava il secondo livello nella gerarchia politica di questo popolo. Il mondo mochica era infatti retto da un monarca di origine divina, dal sacerdote principale e dai capi guerrieri.

La città dalla quale si parte per la visita al Museo di Sipan è Chiclayo, a 770 chilometri da Lima. La zona dove è stato ritrovato il Signore si può visitare in 3-4 giorni. Meritano una sosta l’interessante Museo Arqueológico Bruning e la sua Sala dell’oro, i villaggi di Saña e Ferreñafe, il complesso di Huaca Rajada (dove è stato trovato il sacerdote e il Signore)  e le piramidi di Túcume. In quest’ultimo sito archeologico è stata trovata la più grande costruzione in adobe (paglia e fango) del continente americano: la Huaca Larga, una specie di palazzo della cultura Lambeyeque misura 700 metri di lunghezza, 280 di larghezza ed è  alta 30 metri. I Tùcume si svilupparono in questa zona del Perú a partire del 700 d.C e venne conquistata dai Chimù nel 1375, dagli Incas nel 1470 e infine dagli spagnoli nel XVI secolo.  Nelle loro piramidi di adobe vivevano i Signori di Tùcume, governanti considerati semidei. Dall’alto della Huaca Larga si può ammirare il complesso disegno urbano di piazze, templi e case che costituivano questo centro del passato americano.

 

 

La scoperta

 

 

FOCUS: Trujillo, la città dell’eterna primavera

Trujillo, la città più importante del Perú settentrionale, è a sua volta porta d’ingresso per conoscere i resti più meravigliosi della civiltà Mochica. I ritmi e i rumori di Trujillo ricordano ancora, soprattutto nel centro storico, quelli della colonia spagnola. Il tratto più caratteristico dell’architettura coloniale di Trujillo sono i balconi, a forma di cassettone e decorati ognuno in modo diverso. Le finestre hanno le caratteristiche gelosie di legno che permettono alle donne di guardare senza essere guardate e quindi evitare, appunto, la “gelosia” dei mariti.

Da Trujillo si raggiungono le piramidi del Sole e della Luna, il più imponente santuario religioso pre-incaico della zona. Più importante ancora la città archeologica di Chan Chan, antica capitale dei Chimù, la civiltà intermedia tra i mochica e gli Incas. Chan Chan, patrimonio dell’UNESCO,  è la città costruita con il fango più grande che sia mai esistita. La città è ancora incredibilmente conservata (qui piove raramente) e sono ben visibili le decorazioni che permettono di immaginare la complessa organizzazione di una città che, secondo gli archeologi, è arrivata a contare 100.000 abitanti.

Informazioni utili

QUANDO: La stagione più adatta alla visita del Perú settentrionale è tra dicembre e marzo.

COME ARRIVARE: Il Perú si raggiunge con diverse compagnie, voli più frequenti con Iberia.

DOCUMENTI. Passaporto in corso di validità

ALLOGGIO: Il Perú è a buon mercato per il turista italiano. Se si sceglie con cura piccoli alberghi e locali poco ortodossi per mangiare (ad. es. le marisquerias, specializzate in frutti di mare), si riesce a sopravvivere con 20-30 euro al giorno.

SOLDI: la moneta del Perú è il Nuevo Sol (1 euro=4,3 soles).

WEB: http://www.peru.info/ il portale del turismo peruviano, www.museodesitiotucume.com il sito del Museo di Tùcume, http://sipan.perucultural.org.pe/ il portale del Signore di Sipan.

LEGGERE: I regni preincaici e il mondo inca. Laura Laurencich Minelli. Jaca Book, Milano 1992