Il tour americano del presidente cinese Xi Jinping, il primo del suo mandato, è iniziato in modo irrituale. O forse no. Prima di sbarcare a Washington per incontrare Obama, infatti, Xi Jinping ha fatto tappa a Trinidad e Tobago, piccola enclave petrolifera al largo del Venezuela, e poi in Costa Rica e Messico. Particolare rilievo ha l’incontro con le autorità del Costa Rica, il Paese centroamericano che più a lungo rifiutò i rapporti con Pechino favorendo quelli con la rivale Taiwan.
Con questi incontri, la Cina ribadisce che a Pechino “America” non è sinonimo di Stati Uniti, nonostante gli USA siano abituati ad autodefinirsi in questo modo. L’America è un continente, e con questo continente la Cina ha ormai stabilito rapporti economici e politici duraturi. Lo ha fatto senza mai interferire nella politica interna dei vari Paesi, abituati dalla storia dell’800 e del ’900 a continue e pesanti ingerenze delle potenze estere.
Pechino è già il nuovo partner globale dei Paesi emergenti dell’area, in passato “obbligati” ad avere rapporti con una sola potenza: quella del Nord. Sullo sfondo, l’inizio di una reciprocità geopolitica tra Cina e USA alla quale Washington dovrà abituarsi: non saranno solo gli Stati Uniti a “giocare” nel cortile di casa cinese, ma accadrà anche il contrario. In questo senso la visita in America Latina del presidente cinese è simmetrica al viaggio negli USA, per firmare diversi accordi commerciali, del presidente birmano Thein Seinn, a capo di un Paese che finora aveva rapporti internazionali solo con la Cina.
La forza di Pechino rimane però il suo gigantesco commercio estero, che si estende a diverse aree del mondo. Nel 2012 la Cina ha scambiato con l’America Latina 260 miliardi di dollari USA in merci e servizi; è il primo partner commerciale di Brasile e Cile e il secondo di Perú, Cuba e Costa Rica. Gli Stati Uniti rispondono sottolineando che i loro rapporti con i vicini del Sud hanno una qualità istituzionale superiore rispetto a quelli che il resto del continente intrattiene con Pechino: includono infatti anche i temi della sicurezza, del narcotraffico e della difesa. Tutte questioni indubbiamente importanti ma che, in base alla storia, i latinoamericani gradirebbero gestire senza il coinvolgimento del Pentagono.
Il grande “gioco” tra Cina e USA si svolge però nell’area del Pacifico. I riflettori sul futuro dell’economia globale si sono infatti spostati dall’Atlantico all’altro grande oceano. Non a caso gli USA stanno promuovendo con grande forza la TPP (Trans-Pacific Partnership), una grande area di libero commercio sulle due sponde dell’oceano che esclude però la Cina. E anche l’America Latina, che ha le sue storiche potenze sull’Atlantico (Brasile, Venezuela e Argentina), ha carte da giocare con i Paesi emergenti del Pacifico: Cile, Perù, Colombia e Messico. Cina e USA sono i due grandi poli di attrazione e di aggregazione, tra loro in competizione soft, per ora.
Nei rapporti tra Paesi dell’ex terzo mondo e potenze mondiali la retorica ormai lascia il tempo che trova. Contano invece le possibilità economiche, la capacità di gestire i partner in modo più paritetico. E soprattutto diventa importante capire quanto queste relazioni rinforzino la sovranità degli Stati anziché ribadirne la dipendenza. È questa per ora è la principale forza della Cina.
Alfredo Somoza per Esteri (Popolare Network)