Il lobbismo è un’azione esercitata da gruppi economici o da corporazioni su pubblici funzionari, su uomini politici e sulle istituzioni pubbliche per orientarne a proprio vantaggio le decisioni. È un’attività regolamentata da leggi negli Stati Uniti e a livello di Commissione Europea, ma non in Italia. Nel passato le lobby hanno influenzato la grande storia e la geografia. Lo fece, per esempio, la lobby britannica dell’oppio nell’800, quando la Cina non volle autorizzare sul proprio territorio lo smercio della droga proveniente dalle coltivazioni indiane. Il rifiuto fu superato con le due Guerre dell’Oppio: le truppe di Sua Maestà piegarono il Celeste Impero e diedero il via all’espansione dell’alcaloide in Cina e poi nel resto del mondo. Hong Kong, un souvenir di guerra, divenne la base dalla quale i gruppi commerciali inglesi controllarono a lungo l’economia del gigante asiatico.

Altre lobby – decisamente a noi più vicine – sono quelle del tabacco, del gioco d’azzardo, dell’alcol e delle armi. Tutti prodotti che hanno gravi conseguenze sulla salute umana e, nel caso delle armi, anche sul mantenimento della pace nel mondo. Oggi in Europa una delle lobby più attive è però un’altra: quella delle grandi imprese dell’agrobusiness transgenico. Portano avanti una battaglia perché anche il mercato agricolo europeo si apra agli OGM, affrontando le resistenze della normativa comunitaria in materia di sicurezza alimentare: l’UE, applicando il principio di cautela, finora è riuscita ad arginare la produzione e la commercializzazione di prodotti transgenici. Un divieto in realtà più volte aggirato e che, tra l’altro, non riguarda l’alimentazione animale: con il risultato che buona parte del bestiame nostrano è alimentato con i 41 milioni di tonnellate di soia transgenica ogni anno importata in Europa.

Oggi la diga sta cedendo. Pur tra mille polemiche, la variante OGM Mon810 di mais, prodotta dal colosso statunitense Monsanto, è già legalmente coltivata in Europa. La lotta degli ambientalisti e dei consumatori anti-OGM contro le multinazionali ha però ottenuto un risultato notevole. Infatti la stessa Monsanto, numero uno del settore, ha ritirato la domanda con cui chiedeva alle autorità comunitarie di poter commercializzare altri tipi di sementi OGM nell’UE. Ufficialmente per le resistenze dei consumatori europei a questi prodotti, ma molto probabilmente perché il settore ha cambiato strategia e si prepara a una battaglia di lunga durata.

E qui tornano le lobby. I principali lobbisti del transgenico sono oggi gli scienziati che in nome della ricerca affermano, forse a ragione, che finora non sono stati rilevati problemi alla salute dovuti al consumo degli OGM. Altro argomento “forte” è che, attraverso la manipolazione genetica, si possono aumentare le proprietà vitaminiche di alcune specie per combattere la malnutrizione in Africa. Si tratta di argomenti sicuramente interessanti, ma che eludono il problema centrale.

Il problema fondamentale, infatti, non è la qualità intrinseca del prodotto OGM, bensì la natura del complesso industrial-agricolo che pratica le coltivazioni transgeniche. Là dove si è diffusa (Stati Uniti, Brasile, Argentina), l’agricoltura OGM ha eliminato la piccola proprietà, ridotto al minimo l’impiego di manodopera, ammazzato la biodiversità, costretto i coltivatori a una dipendenza mai esistita nei confronti dell’azienda produttrice. Un’agricoltura senza agricoltori insomma.

Ed è proprio questo il punto che la lobby pro-OGM non vuole che si discuta: perché in questo caso le prove da contrapporre ai benefici portati dalle coltivazioni biotech sarebbero schiaccianti. In Europa, unico continente al mondo, per ora queste lobby hanno trovato un ostacolo insormontabile nei movimenti ambientalisti e contadini, ma soprattutto nell’opinione pubblica. Sarà quindi proprio sui cittadini che esse si concentreranno nei prossimi anni, con un paziente lavoro finalizzato a convincerli che un mondo con una decina di specie alimentari coltivabili – registrate e commercializzate da 4 aziende – sia un mondo migliore e più sicuro.

Alfredo Somoza per Esteri (Popolare Network)

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