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Policentrico è ciò che ha più centri, com’è riportato sul vocabolario Treccani che cita ad esempio proprio la città policentrica. La nozione stessa di centralità può oggi riferirsi ai tradizionali centri storici delle città europee, intorno ai quali sono cresciuti gli insediamenti in successive espansioni, o ai centri, più o meno antichi e consolidati, di un territorio con diversi sedi di insediamento umano legati alla vocazione storica (zone agricole o commerciali), all’evoluzione del lavoro (centri direzionali o di attività industriali), allo svago (parchi naturali, impianti sportivi). E’ il caso di Vimercate e delle sue frazioni, ciascuna con una propria storia, profilo produttivo, dinamica abitativa. Molto diverso della realtà delle grandi metropoli, come ad esempio Milano, nelle quali la crescita della città industriale è stata un processo di omologazione-funzionalizzazione dello spazio gerarchicamente ordinato dal centro che ospita le funzioni amministrative, direzionali, economiche, culturali e che da nome e connotazione a tutto quello che ha intorno. Nelle periferie non si abita, si dorme: la stessa espressione di quartiere-dormitorio segnala questa condizione di vita residuale. Il rischio periferia esiste anche da noi, e questo accade perché le frazioni di Vimercate sono interessate dalle grandi opere di urbanistica (come Pedemontana), dal passaggio veicolare dai Comuni limitrofi, dalla concessione di permessi di insediamento per attività economiche ad alto rischio ambientale da parte dei comuni limitrofi. Le frazioni di Vimercate rivendicano con forza il diritto di offrire ai propri abitanti condizioni che consentano l’espressione e il soddisfacimento di momenti diversi della vita quotidiana, sia individuale che di relazione. Non si vuole che il centro delle frazioni sia soltanto, per la maggior parte degli abitanti, la propria casa, il proprio appartamento. Bisogna individuare in quelle stesse aree elementi materiali e simbolici che identificano una polarità e, nel gioco di specchi delle rappresentazioni mentali, consentano un’identificazione. Le frazioni non possono e non devono assolvere però tutte le funzioni tipiche della città. Sono centri urbani minori che devono riscoprire la loro identità e funzionalità nei confronti del centro e delle altre frazioni. E quali sono i punti irrinunciabili perché le frazioni continuino ad essere vivibili? Sicuramente il sistema di collegamenti con il resto del Comune e con i centri confinanti, i servizi al cittadino che, nella misura del realistico, devono sforzarsi per raggiungere gli abitanti delle frazioni che per motivi di età o di mobilità non possono rivolgersi sempre al centro. La cultura a Vimercate deve essere anch’essa ripensata n modo policentrico. Dopo il grande traguardo del MUST, luogo della memoria storica del territorio, la cultura degli spazi creativi e degli eventi, deve diffondersi anche nelle frazioni, non soltanto per venire incontro ai bisogni dei cittadini delle stesse, ma anche per incentivare gli altri a conoscerle e viverle. Altro ruolo possibile per le frazioni è quello di diventare i terminali di un’agricoltura rinnovata e sostenibile, che incentivi la costruzione di percorsi di filiera corta, risparmi il territorio da speculazioni future e possa creare nuova occupazione. Pensarsi come città policentrica e non come città e periferie fa parte di una cultura del vivere insieme in controtendenza che le grandi città fanno una grandissima fatica a mettere in pratica. A Vimercate è ancora possibile, basta non dimenticarci che la sua ricchezza è fatta anche dalla tradizione dei micro-territori che insieme concorrono a rendere il nostro Comune riconoscibile e riconosciuto.

I Comuni italiani sono oggi l’ultima trincea per i cittadini per quanto riguarda l’ascolto, l’attenzione, l’immediatezza nella comunicazione tra governante e governato. La politica nazionale è infatti sempre più lontana dalla quotidianità, dal vissuto e dai bisogni delle persone. E’ questo dato di fatto, amplificato e deformato dalla demagogia del “sono tutti uguali, tutti ladri, tutti morti” è veramente preoccupante. A questo punto le strade sono due, la scorciatoia populista e velleitaria dell’essere “contro tutti”, aspettando di raggiungere la massa critica del 51% per fare da soli (è questo è il succo della politica a “5 stelle”), oppure declinare i principi in politiche cercando di costruire alleanze che permettano realisticamente di applicarle. L’Italia in crisi non ha bisogno di voti “congelati”, di voti a perdere. Ogni elettore che si pone il problema della tutela dei beni comuni e del lavoro, del rispetto dell’ambiente e del bisogno innovazione, ha il diritto di potere scegliere una coalizione che su questi temi si impegni e abbia la possibilità di dimostrarlo nei fatti. Tutto il resto è cabaret, logiche di comunicazione di massa di stampo televisivo, in totale mancanza di rispetto per l’essere umano che c’è dietro qualsiasi avversario politico, anche il peggiore.

A Vimercate abbiamo costruito un programma di coalizione che è stato scritto parola per parola, discusso fin nelle virgole, commisurato alla volontà politica di ciascuna delle forze che sostengono Paolo Brambilla perché diventi un impegno di mandato nel caso si vinca. Il confronto con i programmi degli altri candidati a sindaco non è possibile. E non per motivi “ideologici”, ma perché si tratta in buona parte di programmi standard, presentati in altre parti dell’Italia e con brevi accenni a Vimercate. Addirittura ci sono volantini validi per tutta la Lombardia e programmi “stellati” che ignorano il percorso partecipativo della Città di Vimercate che, oltre a interessare il bilancio, ha accompagnato l’approvazione del PGT e la scelta del piano urbanistico per l’ex Ospedale-Cava Cantù con una vasta partecipazione dei cittadini. Scherzi di chi non conosce la città oppure scopiazzature di programmi destinati a quei comuni, tanti purtroppo, dove la partecipazione è ancora un miraggio.

Comuni come ultima trincea, ma anche come prima: la rigenerazione della politica può partire dal basso, dai territori, dalle politiche concrete, dal governare misurandosi quotidianamente con l’elettore. Questo ci insegna ad esempio l’esperienza meravigliosa del Partito dei Lavoratori di Lula, che prima di diventare governo nazionale per tre mandati successivi, è stato forza di governo municipale introducendo per la prima volta a Porto Alegre il bilancio partecipato che inaugurava un nuovo protagonismo dei cittadini che in quel caso erano a maggioranza poveri ed esclusi. Il futuro del centrosinistra passa oggi infatti dal sapere dimostrare, non per slogan ma con politiche nuove, che è possibile governare mantenendo alti i principi dell’etica e della solidarietà sociale. Facile a dirsi, difficile da fare e anzitutto possibile soltanto nel dialogo costruttivo tra le diverse culture della sinistra italiana. Il tempo delle divisioni deve essere definitivamente archiviato, oggi è tempo di uscire dalla trincea e di avanzare.

Dai tempi dell’Antica Grecia, la polis è materia di riflessione sui rapporti umani in un ambiente costruito artificialmente. La città storicamente ha sottratto risorse al territorio circostante per crescere, per alimentarsi, per scaricare i suoi rifiuti. La città è stata sempre la metafora della modernità da quando l’uomo ha cominciato a interrompere per sempre il nomadismo e a porre le basi dell’abitare insieme in modo stabile.

I tessuti urbani in questi ultimi secoli sono cresciuti perché sono stati terra promessa per i contadini in fuga dalle campagne e in cerca di lavoro. Qui si trova il fulcro dell’aggregazione culturale, economica e politica, un concentrato di servizi alla persona e di offerta lavorativa, producendo spesso però fenomeni di esclusione delle persone che hanno generato forme di devianza sociale tipicamente urbane. Le periferie delle grandi città si sono caricate storicamente dei nuovi arrivati, ma anche di coloro che sono stati respinti dalla città e condannati a vivere ai margini, fenomeno molto meno presente nei piccoli e medi tessuti urbani.

Amministrare la città non è facile in nessun paese al mondo, oggi sappiamo che per garantire l’efficacia dell’operato, è decisivo il livello di partecipazione e condivisione dei cittadini.

Molte città europee hanno introdotto negli ultimi anni una modalità di gestione nata in America Latina negli anni ’90: il bilancio partecipativo. Un meccanismo apparentemente tecnico per condividere con i cittadini alcune scelte sugli investimenti che i comuni si trovano a dover fare, che ha avuto però un effetto moltiplicatore sulla partecipazione alla vita pubblica. A Porto Alegre, a Montevideo, a Rosario, a Bogotà, la partecipazione popolare alle scelte di governo del territorio è stata anche la fucina di nuovi soggetti politici, che in alcuni casi sono arrivati a governare interi paesi. In Europa, e in Italia in particolare, diversi comuni hanno introdotto questi meccanismi partecipativi in tempi di vacche grasse. Ora che i tagli nei trasferimenti dallo Stato agli enti locali e la crisi economica stanno mettendo in affanno tutti i comuni, il nostro compreso, il tema della partecipazione rischia di passare in secondo piano. L’esperienza fatta da altri ci insegna però che è stato proprio in situazione di grandissima crisi economica e sociale che la partecipazione ha dato i maggiori frutti. E questo perché una cittadinanza che partecipa è in grado di attivare le risorse necessarie per superare i momenti difficili e trovare soluzioni non facilmente “pensabili” da pochi amministratori.

Le voci dei predicatori mediatici e dei profeti del “sono tutti uguali” è chiara e forte di questi tempi, ma la risposta non può essere quella di aumentare le distanze tra politica e cittadino, bensì accorciarla. A maggio si voterà in molte città italiane, Vimercate compresa, e il tema dominante sarà quello di far quadrare i conti per potere fare un’opera in più o in meno, per tutelare questo o quel diritto. Quanti saranno i candidati e i partiti che scommetteranno sulla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica non per tappare i buchi di bilancio, ma per dare una nuova dimensione alla politica del territorio? Quanti si spenderanno per portare dentro le istituzioni le richieste dei cittadini perché diventino fatti e non ispirazione per spettacoli di satira a pagamento?

La partecipazione popolare alla gestione del territorio è difficile e complessa. Non è facile infatti cambiare una cultura politica che per secoli ha escluso sistematicamente le persone dalle decisioni. Dare priorità alla partecipazione attiva dei cittadini è, in tutto il mondo, uno dei principali tratti distintivi delle moderne forze progressiste, e noi di SEL ci crediamo.

Alfredo Luis Somoza

Capolista SEL – Elezioni del Consiglio Comunale di Vimercate

con Paolo Brambilla Sindaco