Premesse interessanti, futuro incerto

Pubblicato: 7 luglio 2014 in Europa, Italia, Senza categoria
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Il discorso al Parlamento Europeo per l’insediamento del Semestre italiano. tenuto  dal Premier Renzi, presenta elementi di novità e tanti punti interrogativi. La premessa, condivisibile, “senza crescita non c’è futuro”, si scontra nello stesso discorso con il “noi vogliamo rispettare le regole”. E non perché un governo si possa permettere di non rispettare i patti sottoscritti: sarebbe un atto di grave irresponsabilità, autolesionistico e che porterebbe inevitabilmente all’isolamento. Ma la costatazione del fatto che non c’è stabilità senza crescita dovrebbe portare alla conclusione che gli Accordi vanno cambiati per garantire entrambe. Lo stesso Renzi in campagna elettorale definiva i parametri di Maastricht come “arcaici”, ed è una giusta definizione. Arcaici perché si riferiscono a un’altra era geologica. Nei primi anni ’90 l’economia mondiale si apprestava al grande balzo della globalizzazione delocalizzatrice, con la libera circolazione di merci e servizi, con gli USA a fare da locomotiva e i paesi di vecchia industrializzazione in posizione privilegiata. I paesi BRICS erano ancora ignari del loro futuro, la situazione geopolitica relativamente serena, la finanza relativamente sotto controllo e i livelli occupazionali buoni. Un decennio, quello dei ’90, di crescita economica ininterrotta con buoni margini per i paesi indebitati, all’epoca pochi, per intervenire su bilancio e debito sovrano. Lo scenario del 2014 è radicalmente cambiato, non si cresce se non col contagocce, la disoccupazione è aumentata, il debito è aumentato per tutti e il tavolo dei Grandi si è allargato. In questo contesto il parametro del rapporto tra debito e PIL al 60% (un dato totalmente arbitrario perché non esiste scienza economica che stabilisca un rapporto “ideale” se non quello che rende il debito sostenibile), il rapporto PIL-deficit al 3%, ma soprattutto l’impostazione totalmente conservativa sulle politiche monetarie e di bilancio, a tutela esclusivamente della stabilità dell’euro così come voluto dalla Germania, diventano trappola mortale.  Una trappola, quella del virtuosismo di bilancio anticiclico, cioè quando non è opportuno, dalla quale sono riusciti a liberarsi Usa, Giappone, Gran Bretagna, Cina. E cioè i paesi che stanno uscendo dalla crisi che rimane invece come dato strutturale nelle economie europee, soprattutto tra i i paesi mediterranei. In questo contesto la stilettata di Renzi contro la Germania, autorizzata a sforare nel 2003 dal Patto di Stabilità, resta uno scatto di orgoglio che strappa applausi, ma che nel medio periodo lascia il tempo che trova. Il problema non è ora il passato ma cosa si vorrà fare infuturo, e su questo la Germania e i Popolari con i quali il PSE ha costruito le larghe intese europee restano sordi. Ha fatto bene nel suo intervento la parlamentare della Lista Tsipras Barbara Spinelli a porre con forza la rivisitazione dei Trattati e l’urgenza di affrontare il problema del debito con misure straordinarie così come fa bene Gianni Pitella, capogruppo socialista, a dire che il sostegno del suo partito a Juncker potrebbe cadere se non si vorranno affrontare queste riforme.

Il bivio per Renzi, forte di una leadership senza precedenti recenti, è tra il farsi risucchiare nella “marmellata” europea accontentandosi di portare a casa qualcosa, oppure fare leva sulla grande novità di questa legislatura che si è appena aperta: per la prima volta il Consiglio d’Europa ha proposto alla guida della Commissione un politico segnalato dagli elettori. Oggi più di ieri il presidente dell’esecutivo comunitario deve rispondere all’assemblea, tra l’altro prima del voto di fiducia di metà luglio.

Le tre priorità del programma della Lista Tsipras sono più che mai all’ordine del giorno, e Renzi le ha enumerate: fiscal compact, debito, lavoro e giovani. E su queste priorità che bisogna forzare la mano all’Europa. Assumerle vuol dire immaginare un futuro insieme, costruendo gli Stati Uniti d’Europa. Se si vorranno ignorare si darà invece ragione ai tristi commedianti che si sono voltati per non ascoltare l’inno alla gioia.

Si apre una stagione nella quale chi si definisce riformista dovrà dimostrarlo nei fatti, lo spartiacque tra conservazione e progresso passa oggi dall’impegno a cambiare il passo  all’Europa mettendo in discussione senza complessi e senza timori quanto fatto in passato. I Trattati sono stati firmati dagli Stati e possono essere rivisti e aggiornati, non risulta a nessuno che siano scolpiti sulla roccia.

renzi

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