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Nel 1988 l’economista egiziano Samir Amin formulava la “teoria dello sganciamento”, ipotizzando la creazione di flussi commerciali e politici sud-sud come unica via per il superamento dei rapporti iniqui tra il Nord e il Sud del mondo. In sostanza, Amin considerava questa come l’arma risolutiva in mano ai Paesi del “Terzo Mondo” per porre fine alla loro dipendenza dagli storici rapporti coloniali e neocoloniali con l’Occidente.

Molto tempo è passato e alcuni timidi tentativi sono stati fatti, a partire dalla creazione del Mercosur, primo blocco economico interamente formato da Paesi sudamericani. Ma la svolta, e la materializzazione delle teorie di Amin, si è avuta solo in questi ultimi anni. Anzi, sta ancora avvenendo in questa seconda fase della globalizzazione, nella quale non ci sono padroni indiscussi della scena internazionale (come gli appartenenti al G8), ma si sono affermati anche nuovi protagonisti. È il caso dei Paesi BRICS. India, Cina, Brasile, Russia stanno infatti consolidando nuove geometrie economiche e politiche in un mondo nel quale nessuna potenza riesce più a esercitare una leadership globale, ma anzi, molte potenze del passato tentano disperatamente di non essere espulse dal nuovo ordine multipolare.

I dati appena pubblicati dall’ufficio statistico cinese confermano che sono in corso cambiamenti molto profondi. Nell’ultimo anno, l’export di Pechino verso i Paesi fuori dall’area euro, dollaro e yen è cresciuto del 17%, mentre verso l’Europa si è registrato un calo dell’1%. Ciò che era già successo con gli Stati Uniti, cioè il calo drastico delle esportazioni cinesi, comincia a verificarsi dunque anche con l’Europa. I cinesi guardano altrove. Solo in Russia il boom degli elettrodomestici ha fatto lievitare l’export di Pechino del 50%. Guardando i dati nel loro complesso, si comprende che oggi per la Cina il mercato in maggiore espansione è l’America Latina, che nel 2017 dovrebbe equivalere all’Europa o addirittura superarla. Ma anche l’Africa, dimenticata da tutti gli altri, per i cinesi è un mercato a tutti gli effetti. La sua quota nell’export di Pechino aumenta con un ritmo da capogiro: entro 10 anni il Continente Nero potrebbe diventare il secondo mercato estero per la Cina.

Il peso che gli scambi commerciali con il gigante asiatico hanno assunto nelle diverse aree del pianeta determina anche differenti valutazioni e reazioni nei confronti della crisi. Non c’è dubbio che la buona risposta alle difficoltà planetarie offerta dall’America Latina e dall’Africa sia fondamentalmente legata all’aggancio tra questi mercati e la Cina (e, più in generale, ai rapporti sempre più stretti con l’area del Pacifico). Per il 2012, mentre tutti i numeri che riguardano la crescita del PIL sono in negativo in Europa, con la sola eccezione della Germania, i cinesi si aspettano ancora un +7,5% e i brasiliani un +3%.

Si tratta di incrementi minori di quelli del passato, ma pur sempre rilevanti. Per ora la crisi sta solo rallentando la crescita dei BRICS. La domanda è quanto resisteranno questi Paesi se la crisi andrà avanti. Oppure, se la crisi peggiorerà, quanto potranno resistere al contagio. C’è chi dice che in questo caso potrebbero addirittura guadagnarci: teoria tutta da dimostrare, ma ciò che è indubbio è che USA e Europa, quando usciranno dalla crisi, non troveranno più lo stesso mondo.

Alfredo Somoza per Esteri (Popolare Network)