«Mi scuso con i messicani perché noi, Stati Uniti, abbiamo deliberatamente reindirizzato il trasporto di droga nel nostro Paese fuori dalle rotte aeree e marittime e, da allora, questo trasporto si è sviluppato via terra». Non è un dialogo tratto da House of Cards, ma la dichiarazione di un ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, che ha pronunciato queste parole a Città del Messico, davanti a una platea di giovani in un convegno organizzato della rete Laureate International Universities.
La “confessione” di chi è stato per dieci anni alla Casa Bianca, riportate in Italia soltanto dall’Almanacco Latinoamericano, spiega diverse cose. Anzitutto le ragioni del cambiamento epocale che, negli anni ’90, si è verificato nella storia del narcotraffico tra Sudamerica e USA.
Fino a quel decennio, la cocaina entrava in Florida tramite una vera e propria flottiglia di navi e di piccoli aerei che, dalla Colombia, facevano scalo in Belize o in qualche isoletta caraibica prima di atterrare o ancorare vicino a Miami: città che era diventata la capitale mondiale del narcotraffico. Qui non solo transitava la pioggia di polvere bianca che si riversava nel resto del Paese, ma si riciclavano anche i soldi sporchi investendoli nell’edilizia e foraggiando il sistema bancario locale, in larga misura connivente. Una rete controllata dai “cartelli” dell’epoca, rigorosamente colombiani: prima di Medellín e poi di Cali.
Senza troppa pubblicità, a un certo punto negli Stati Uniti viene decretato il blocco navale e aereo, e il traffico si sposta per la prima volta via terra. Proprio a questo punto entra in scena il Messico: uno storico produttore ed esportatore di marijuana che all’improvviso si specializza in eroina, di origine locale, e monopolizza il transito della cocaina. Sorgono così sei cartelli della droga che presto estromettono i colombiani dagli USA, il primo mercato mondiale degli stupefacenti, e successivamente riescono anche a piegare lo Stato messicano, arrivando a controllare buona parte del territorio nazionale.
A favorire l’operazione è l’entrata in vigore del NAFTA, l’accordo di libero scambio tra USA, Canada e Messico, che aprì un’autostrada ai cartelli messicani.
Il resto è storia contemporanea. 70mila morti nella guerra tra Stato e mafie, l’allargamento degli affari dei narcos alla gestione del traffico dei clandestini e dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici, la loro ascesa inarrestabile nell’establishment economico e politico messicano.
Oggi sotto il confine tra Messico e Stati Uniti corre un reticolo di tunnel scavato per trasportare merci illecite. Ma la droga non si muove solo nel sottosuolo: ogni anno la frontiera è attraversata da circa due milioni di camion, solo un’infima parte dei quali viene controllata. Il NAFTA non ha solo allentato i controlli al confine ma ha anche avuto l’effetto di distruggere la piccola e media agricoltura messicana, liberando terre e braccia per i mercanti di morte.
La guerra globale alla droga dichiarata dagli USA costa 50 miliardi di dollari all’anno alle casse pubbliche, eppure si è dimostrata un fallimento su tutta la linea. Oggi si comincia a parlare di liberalizzazione delle droghe leggere, con le prime aperture fatte nello Stato del Colorado, ma rimane il nodo delle droghe pesanti, vera e propria cassaforte della malavita organizzata e della rete di corruzione che si annida in entrambi i Paesi coinvolti. La confessione di Bill Clinton, a distanza di 20 anni, ci dice che non ci fu la volontà politica di eliminare il traffico internazionale ma solo di “gestirlo”, spostandone le rotte all’interno dell’area di libero commercio con il Messico: come se la droga fosse una merce come le altre, come se fosse gestibile. Alla luce di questa ammissione andrà riscritta l’intera storia del narcotraffico internazionale.
Per i messicani il prezzo è stato devastante: se le cose sono andate così, e non ci sono motivi per non crederlo, le scuse non bastano.
Alfredo Somoza per Esteri (Radio Popolare)

A member of the citizens’ Self-Protection Police guards at the Municipal Palace of Nueva Italia community in Michoacan State, Mexico, on January 12, 2014. The Mexican government deployed hundreds of forces after several attacks to the federal policemen occurred in villages of western Michoacan state. AFP PHOTO / ALFREDO ESTRELLA