Si può sfruttare la biodiversità?

Pubblicato: 21 gennaio 2011 in America Latina
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A Santo Domingo de Heredia, un centinaio di chilometri da San Josè, la capitale della Costa Rica, il 26 ottobre 1989, all’interno di uno scantinato, un piccolo gruppo di persone stappava bottiglie per festeggiare la legalizzazione di un’associazione assolutamente rivoluzionaria e senza precedenti: l’Inbio. L’Instituto Nacional de la Biodiversidad nasceva, con l’appoggio dello Stato, con l’obiettivo di censire e valorizzare, anche economicamente, la biodiversità di questo Paese del Centro America, scrigno di ricchezze naturali.

L’Inbio si poneva obiettivi simili a quelli di tante multinazionali che da decenni scandagliano le foreste tropicali alla ricerca di principi attivi da sfruttare per i cosmetici, i farmaci, gli integratori alimentari. La differenza, non trascurabile, è che l’Inbio si prendeva carico di censire il patrimonio naturale del Paese per poi negoziare, a nome dello Stato, gli eventuali profitti che si potevano ricavare dalle scoperte fatte. Questo perché l’istituto brevetta ciò che scopre a nome della Costa Rica.

Negli anni l’Inbio è diventato un esempio mondiale sulle potenzialità della gestione pubblico-privata della biodiversità, in un contesto mondiale nel quale continua a mancare la tutela, soprattutto nei Paesi più poveri, del proprio patrimonio naturale.

Con il termine di “biopirateria” si definisce il furto di patrimonio genetico naturale ai danni di comunità che, paradossalmente, possono trovarsi successivamente a dover pagare royalties alle multinazionali che hanno brevettato le loro risorse. Per questo motivo la firma del Protocollo di Nagoya, avvenuta settimana scorsa in Giappone, è un evento di grandissima portata. L’accordo prescrive infatti la difesa della vita e dei suoi ecosistemi includendo per la prima volta le risorse genetiche. Quando le multinazionali sfrutteranno geni di piante e animali per sviluppare nuovi prodotti, dovranno pertanto condividere i profitti con le comunità locali.

Il Protocollo prescrive anche che il 17% delle terre emerse e il 10% degli oceani diventino riserve di biodiversità, a fronte degli attuali 13% e 1%. Si lasciano a futuri negoziati la quantificazione e la regolamentazione di questi compensi economici. La mediazione non sarà sicuramente facile da raggiungere, ma il principio che è passato (ed è ora legge per la comunità internazionale) è che lo sfruttamento economico della biodiversità non può avvenire senza un accordo tra imprese e comunità locali, trasferendo di fatto la sovranità sul patrimonio genetico ai legittimi proprietari e custodi, che ne erano stati espropriati fin dai tempi del colonialismo.

Una piccola notizia, ma forse la più importante degli ultimi tempi.

commenti
  1. Danilo ha detto:

    Questi due video sono molto divertenti e allo sessto tempo istruttivi. Civilino e8 un personaggio molto simpatico e trovo che,la sicurezza non debba mai mancare In fondo, la sicurezza e8 una serie di regole da rispettare che non danneggiano la propria vita e quella degli altri in caso di terremoti,incendi Tanti saluti, Alessia D.

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