Le Borse hanno festeggiato in questi giorni il cosiddetto commissariamento di Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze greco. Secondo la lettura trionfalistica amplificata dalla stampa, è stata la conseguenza del duro scontro avvenuto nell’ultima riunione dei Ministri dell’economia europei dove sono volati insulti anche sul piano personale. Il Ministro dilettante e perditempo, anche se con un curriculum da fare invidia a due terzi dei suoi colleghi, sarebbe l’unico ostacolo perché la Grecia possa concludere un accordo con l’eurogruppo. Un accordo che sostanzialmente ribadisca la linea portata avanti dalla Troika, con la complicità della politica di Atene, che non ha risolto la situazione debitoria del paese ellenico, non ha rilanciato l’economia, e ha creato nel frattempo quella che viene definita un’emergenza umanitaria. L’Europa non ha voluto consapevolmente registrare il chiaro segnale, europeista e riformista, dato dall’elettorato greco che ha scelto con il voto un governo, che pur ribadendo la volontà di rimanere in Europa chiede anche un cambio dei paradigmi economici. Varoufakis ha portato in seno ai salotti buoni di Bruxelles un punto di vista diverso, maggioritario nell’opinione pubblica che da tempo ha capito che qualcosa non funziona in questo bizzarro condominio che ha adottato in modo ferreo i dogmi dell’austerità, ribadendo un pensiero unico in materia economica che la storia ha già condannato all’oblio in tante altre parti del mondo a partire dagli Stati Uniti.
Varoufakis è stato il parafulmine messo in campo da Siryza in questa fase tormentata attirando su di se odi e dispetti da parte dei colleghi, mentre Tsipras apriva un canale diretto con Angela Merkel, il vero nodo della questione. Ora la delegazione greca diventa più importante e non è più legata a una sola persona, come è giusto che sia quando il gioco si fa duro ed è in discussione l’interesse nazionale. Chi pensava che affondando Varoufakis affondava la Grecia ci dovrà ricredere. L’accordo che potrebbe essere raggiunto aveva bisogno di una rottura anche estetica del grigiore impersonale di Bruxelles e Varoufakis ha fatto la sua parte e continuerà a farla. Come scrive lui stesso “la nostra sfida, a questo punto, è convincere i nostri partner del fatto che i nostri impegni sono strategici, non tattici, e che la logica è dalla nostra parte”. Le riforme sul piano fiscale e pensionistico annunciate da Atene fanno bene sperare, ma non sono imposizioni della Troika, ma parte importante del programma di riforme di Siryza. Lotta all’evasione e alla corruzione, ripensamento dell’apparato statale, rilancio dell’industria sono riforme che hanno bisogno di tempo e di respiro. Se ciò avverrà con la Grecia ancora membro del club dell’euro non sarà merito di Varoufakis ma della forza politica che lo ha nominato ministro e che non ha chiesto affatto le sue dimissioni. Sarà invece duro per i critici di oggi accettare che il loro approccio ha fallito.