Negli ultimi dieci anni, il caffè e il cacao hanno registrato una crescita straordinaria, non solo come merci, nei prezzi e nei valori di scambio, ma anche come fenomeni culturali e motori di sviluppo economico. La loro crescente popolarità è alimentata dalla continua evoluzione dei gusti dei consumatori e, insieme, dagli impegni per la sostenibilità e da nuove strategie di mercato. Il consumo di caffè ha subito una trasformazione, bere un espresso non è più un semplice gesto finalizzato a darsi la “carica” ma è diventato esperienza sofisticata. Quello cosiddetto “premium”, ottenuto da chicchi di alta qualità con meticolosi metodi di estrazione, dai profili aromatici unici, sta diventando sempre più rilevante. La generazione dei Millennials e la Gen Z, ponendo grande enfasi sull’autenticità e sull’esperienza, hanno aumentato la domanda di caffè monorigine, ma anche di pratiche sostenibili e tostature artigianali. Di conseguenza, la cultura globale del caffè si è diversificata notevolmente. Le caffetterie non propongono più solo una tazza di caffè ma viaggi sensoriali, con baristi che agiscono come guide nella scoperta dei sapori.
Questo approccio ha elevato lo status del caffè, trasformandolo in un simbolo di artigianalità e creatività. E con lo status sono saliti anche i prezzi, per i consumatori così come per i produttori: nell’ultimo biennio, complice anche il cambiamento climatico, il prezzo pagato per la materia prima si è triplicato. Sul fronte economico, il caffè rimane una fonte di sostentamento per milioni di agricoltori nei Paesi emergenti e in via di sviluppo, soprattutto in America Latina e Africa. Stati come Brasile, Colombia, Vietnam ed Etiopia hanno aumentato la produzione, mentre i produttori più piccoli stanno ritagliandosi nicchie puntando su chicchi “unici”. Le imprese sociali continuano a promuovere il commercio equo, attirando consumatori etici e migliorando le condizioni di vita degli agricoltori.
L’ascesa del cacao segue quella del caffè e ne ricalca il percorso di “premiumizzazione”. Il cioccolato di qualità, realizzato con cacao pregiato e tecniche spesso innovative, sta guadagnando popolarità: i consumatori sono sempre più consapevoli della complessità dei sapori e attenti alle origini della materia prima. Come i caffè, anche i cioccolati monorigine sono diventati un biglietto da visita per tutto il settore. Intanto, i cioccolatieri artigianali stanno sperimentando combinazioni di sapori uniche e creano prodotti di lusso: che si tratti di un fondente arricchito con spezie esotiche o di una tavoletta al latte con l’aggiunta di un pizzico di sale marino, queste offerte soddisfano un pubblico esigente disposto a pagare un prezzo più alto. L’industria del cacao, però, è stata oggetto di critiche per il degrado ambientale causato dalle colture e per le pratiche di lavoro non etiche. In risposta, grandi aziende e produttori più piccoli stanno adottando certificazioni di sostenibilità come Fair Trade e Rainforest Alliance, ma restano per ora inefficaci le iniziative per combattere il lavoro minorile, migliorare i salari e promuovere l’agroforestazione, soprattutto in Africa, dove si concentra la maggior produzione delle fave di cacao.
Caffè e cacao sono sempre più intrecciati con la nostra cultura e la nostra identità. Il loro futuro è garantito, ma non privo di sfide. Innovazioni continue, unite a pratiche etiche e sostenibili, ne definiranno il percorso. Tuttavia, restano d’attualità due problemi: la deforestazione che precede l’allargamento delle piantagioni in Paesi della fascia climatica tropicale e il prezzo effettivo incassato dal produttore, tema che si lega a quello del lavoro mal retribuito e dell’impiego di minori, soprattutto in Africa. Per ora, questi due prodotti raffinati e di gran moda, per noi d’uso quotidiano, rimangono molto lontani dal poter essere considerati sostenibili per l’ambiente e per le comunità agricole dei produttori.
