L’Africa in movimento

Pubblicato: 10 marzo 2025 in Mondo
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Come ormai sappiamo tutti, l’Africa è un continente ricchissimo di risorse naturali, soprattutto minerarie, che fanno gola a tanti, e da tanto tempo, nel resto del mondo. Per alcuni Paesi africani, come la Repubblica Democratica del Congo, questa ricchezza è diventata una maledizione. Uno degli ostacoli che finora hanno impedito un reale cambiamento della situazione, rallentando lo sviluppo e gli investimenti, è la frammentazione valutaria dell’Africa, unita alla difficile convertibilità delle monete locali. Recentemente, la Banca Africana di Sviluppo (AfDB) ha introdotto il concetto di African Unit of Account (AUA), un’unità monetaria che dovrebbe fungere da “gold standard”, favorendo la stabilità economica e l’integrazione finanziaria tra gli Stati del continente. Soprattutto, questa “pseudo-valuta” permetterebbe lo sganciamento parziale dal dollaro al quale molti Paesi aspirano, come già sta avvenendo tra i membri dei BRICS.

Più precisamente, almeno per ora, l’AUA sarebbe solo un’unità di misura valutaria utilizzata dalla Banca Africana di Sviluppo per le sue operazioni interne, come la valutazione dei prestiti e degli investimenti. Non una valuta fisica realmente circolante, dunque, ma una misura che facilita le transazioni all’interno dell’area economica africana, riducendo il rischio legato alle fluttuazioni dei tassi di cambio delle monete nazionali. Il valore dell’AUA è calcolato sulla base di un paniere di valute internazionali, tra cui il dollaro statunitense, l’euro, la sterlina britannica e lo yen giapponese. Questo paniere riflette il commercio internazionale e la solidità delle principali economie globali, offrendo un valore di riferimento più stabile rispetto a molte valute africane, soggette a forte volatilità. Secondo gli esperti della Banca Africana di Sviluppo, l’AUA aumenterebbe la stabilità economica del continente, spesso sofferente per l’inflazione e la svalutazione monetaria. Faciliterebbe gli investimenti perché potrebbe ridurre i costi di conversione, oltre al rischio di cambio, e per le stesse ragioni sosterrebbe i progetti di sviluppo.

In prospettiva, facilitando il commercio tra i Paesi dell’area l’AUA porrebbe le basi per l’istituzione di una vera unità monetaria africana. Si delinea, dunque, un percorso simile a quello europeo, dove l’ECU, Unità di Conto Europeo, anticipò la nascita dell’euro. La futura valuta sarebbe sostenuta, nella sua stabilità, da un paniere di minerali fornito dai vari Paesi che l’adotteranno, in proporzione alle loro riserve di cobalto, manganese, platino, coltan, terre rare. Il ruolo a garanzia della moneta che in passato ebbe l’oro, oggi viene assunto dai minerali strategici di cui l’Africa è ricca.

L’idea di una moneta unica africana è un obiettivo a lungo termine dell’Unione Africana, la gigantesca associazione tra gli Stati del continente nata nel 2002 per rafforzare i legami interafricani, diminuendo la dipendenza dalle potenze estere. Intanto, alcuni blocchi economici regionali, come la Comunità dell’Africa Orientale (EAC) e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), stanno già lavorando su progetti di unione monetaria. A breve termine, però, le diversità tra le economie dei singoli Stati e le sfide legate alla governance monetaria rendono difficile la reale implementazione di una valuta unica. In questo quadro, l’AUA potrebbe rappresentare un fondamentale passo intermedio verso l’integrazione, fungendo da punto di riferimento per gli scambi e la stabilizzazione dei mercati valutari africani e preparando il campo alla decisione politica dell’Unione Africana.

Più in generale, l’azione dell’Unione Africana, fenomeno relativamente giovane, è la risposta africana alla politica del “divide et impera” che dal XIX secolo è stata attuata dalle potenze coloniali e post-coloniali per ottenere il massimo vantaggio nei confronti di Paesi economicamente deboli e in perenne disaccordo. La strada della creazione di alleanze tra Paesi equivalenti ha già avuto successo in Sudamerica con il Mercosur; ora è il turno dell’Africa, in un quadro molto più complesso e con presenze ingombranti come quella cinese. Si tratta però di una buona notizia della quale quasi non si parla, anche perché, fuori dall’Africa, questa prospettiva piace a pochi.

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